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Oiwa, il fantasma lanterna del Sol Levante

Una delle vicende più famose del folklore giapponese ha come protagonista la figura deforme di un fantasma di una ragazza. Il suo nome è Oiwa.

La cultura popolare del Sol Levante è arricchita da numerosi racconti del terrore chiamati Kwaidan. Questi, a partire dal XVII secolo, vennero trascritti in accurate raccolte divenute famose grazie alla traduzione in inglese di Lafcadio Hearn, scrittore irlandese, nel XIX secolo. In Giappone ancora oggi la popolazione crede nei fantasmi o yurei, quali figure evanescenti che fluttuano nell’aria e dai contorni indefiniti. Noto è il fantasma di Oiwa, rappresentato dal grande maestro Katsushika Hokusai come una lanterna animata.

Il fantasma di Oiwa di Katsushika Hokusai

Tokaido Yotsuya Kaidan

Il racconto venne concepito nel periodo storico definito Bunka-Bunsei (1804-1830), caratterizzato da un’epoca di crisi e di disordini sociali. Il dramma appartiene al genere dei kizewamono, di cruda attualità, scritto nel 1825 da un attore di teatro kabuki, da Tsuruya Nanboku IV, il cui vero nome è Ebiya Genzo, nella sua opera più riuscita Tokaido Yotsuya Kaidan o “Storia di spettri lungo il Tokaido. La trasposizione andò in scena, con grandissimo successo, nell’estate del 1835 nel teatro Nakamuraza di Tokyo.

La struttura originaria del racconto era formata da cinque atti suddivisi in undici scene. Oggi alcuni dettagli sono stati modificati, aggiungendo altre tre scene ma lasciando invariato il nucleo della storia.

La figura del fantasma di Oiwa ha avuto un grandissimo effetto nel teatro e nella letteratura, e continua ad influenzare ancora oggi il genere horror giapponese. Numerosi sono stati gli adattamenti televisivi e cinematografici a partire dal 1912 ma il migliore fu quello del regista Nobuo Nakagawa nel 1959.

Locandina del film ” The Ghost of Yotsuya” di Nobuo Nakagawa (1959)

Anche i pittori di ukiyo-e ne furono affascinati tra cui gli artisti Shunkosai Hokushu o Katsushika Hokusai che rappresentò il fantasma nella sua serie “One Hundred Ghost Stories”. È una storia basata sull’omicidio, sul tradimento e la vendetta. Ci si trova davanti ad un’inversione di ruoli: la vittima diventa carnefice e il tormentatore, invece, il tormentato. Quelli del Bunsei erano anni in cui il pubblico era entusiasta nell’assistere a scene crudeli e di violenza, qui rafforzato da numerosi effetti speciali, affrontando profonde tematiche al di fuori dei soliti palazzi aristocratici.

Oiwa

La ragazza ritorna nel mondo dei vivi sottoforma di onryo, un fantasma particolarmente attivo che perseguita la causa del suo male. Oiwa cerca vendetta e il suo rancore la obbliga a rimanere sulla terra. Si mostra indossando un tradizionale kimono bianco delle funzioni funebri, lunghissimi capelli sciolti e scompigliati e con il viso pallido tendente all’indaco. Inoltre, a causa dell’avvelenamento, si mostra con l’occhio sinistro malformato e parzialmente priva di capelli. Secondo una leggenda, chi ha intenzione di rappresentare l’opera deve avere la benedizione di Oiwa, su quella che si dice sia la sua tomba perché altrimenti si ottengono maledizioni e giorni infausti.

La storia

La storia, che si svolge nel quartiere di Yotsuya, ha per protagonisti una giovane e bellissima ragazza di ventun anni di nome Oiwa, figlia di una guardia shogunale e di suo marito Iemon Tamiya, ronin, samurai senza il suo padrone. In una precaria situazione economica, la donna subisce il tradimento del marito, innamorato e ricambiato dalla sgraziata Oume, la nipote del vicino di casa. L’uomo e la sua amante decisero di avvelenare Oiwa attraverso una crema di bellezza che le sfigurò il volto tanto da perdere persino i capelli. Ciò portò la protagonista alla pazzia che accidentalmente si infilzò con una spada, maledicendo Iemon in punto di morte. Il fantasma della poveretta tornò tra i vivi, carica di odio e di tristezza, uccidendo dapprima la sua antagonista, in procinto di sposare Iemon, e poi tormentando quest’ultimo manifestandosi spesso sotto forma di lanterna mostruosa, consumata e lacera. L’uomo si ritirò in un eremo in montagna angustiato dalla diabolica risata della donna e dalle sue incessanti apparizioni. La tragica storia termina con l’uccisione dell’uomo, spinto da Oiwa di sotto un dirupo. La vendetta della donna si è compiuta anche se dicono di incontrare il suo fantasma per le strade di Yotsuya.

Sebbene sia una storia inventata, a Tokyo furono costruiti due santuari in onore di Oiwa: lo Yotsuya Oiwanari Tamiya Jinja, nel quartiere di Chuo, e lo Oiwa Inari nel quartiere di Shinjuku. Storicamente il primo è quello originale dove si venera la Oiwa esistita realmente, morta a causa del vaiolo il 22 febbraio del 1636. Si crede che sia stata sepolta nel tempio di Myoko-ji, luogo di pellegrinaggio di qualunque cast intenzionato a mettere in scena l’opera di Tokaido Yotsuya Kaidan. Il secondo santuario, invece, è l’ambientazione del personaggio del dramma.

In Giappone la credenza nelle figure sovrannaturali influenza la vita di tutti i giorni. La popolazione continua ad officiare in memoria dei defunti nonostante sia l’emblema del Paese del progresso e della tecnologia.

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