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Jack lo squartatore, il serial-killer di Whitechapel

“Caro Direttore,

continuo a sentire in giro che la polizia mi ha catturato, ma non lo faranno ancora. Ho riso di gusto quando loro, atteggiandosi da intelligenti, hanno dichiarato di essere sulla pista giusta. […] Ce l’ho con le prostitute e non finirò di squartarle fino a che non verrò catturato. L’ultimo lavoro è stato davvero buono. Non le ho dato nemmeno il tempo per strillare. Come mi prenderanno adesso? Io amo il mio lavoro e voglio cominciare di nuovo. Sentirai presto parlare di me e dei miei giochi divertenti.”

La mattina del 28 settembre 1888 una lettera inviata presso gli uffici della Central News Agency di Londra provoca il caos nella redazione. Il delirante e provocatorio manoscritto, in cui le parole sembrano spasmodicamente rincorrere un teso filo rosso, rompe l’anonimato sull’autore degli efferati delitti che negli ultimi tempi stanno affliggendo l’East End, dando il via a una leggenda destinata ad entrare nell’immaginario collettivo fino ai nostri giorni, tanto da dedicargli perfino un museo.

L’autore della lettera si firma con il nome di Jack the ripper: Jack lo squartatore.

 

Nei bassifondi

In epoca vittoriana la Gran Bretagna era una nazione prospera e Londra rappresentava il centro di una potenza mondiale affermata. Ma così come ogni moneta ha il suo rovescio, anche lo splendore di quest’epoca ha i suoi lati oscuri, invisibili perchè bui. Questi lati d’ombra sono gli Slums, i bassifondi della città, per lo più concentrati nella zona est, in cui si riversavano migliaia di individui trasportati dall’onda della rivoluzione industriale.

Una via di Whitechapel in un’illustrazione di Gustave Doré

Erano quartieri defilati, sudici, dagli edifici fatiscenti e accasciati l’uno sull’altro, come le persone che vi abitavano; le strade erano labirinti da cui a volte non si usciva più. La criminalità e la corruzione dei costumi non erano altro che una conseguenza delle precarie condizioni di vita di questi disgraziati. Alcuni scrittori ne tracciarono una vivida descrizione, denuciandone il degrado, tra questi Charles Dickens e George Bernard Shaw, ma il più delle volte queste denunce giungevano come un’eco lontana al resto della società dell’epoca. Gli Slums esistevano, certo, ma erano come un luogo immaginifico da qualche parte verso est, in cui nessun uomo o donna rispettabile vi si era mai avventurato, e finché una cosa non si vede si può tranquillamente continuare a vivere pensando che non esista.
Tra questi slums, Whitechapel era il più affollato e il più tristemente noto per essere il quartiere della prostituzione. É qui che fra l’estate e l’autunno del 1888 Jack lo Squartatore compirà i suoi delitti.

Paradossalmente gli omicidi di Jack rappresentano un faro che illumina una realtà per troppo tempo ignorata da gran parte della società.

Le donne di Jack lo squartatore

Sono cinque le vittime accertate, all’epoca, dalla polizia. In realtà le donne di Jack potrebbero essere di più. C’è chi è arrivato a contarne una quindicina ma è assai verosimile che possano essere almeno nove. Ognuna con la sua personale storia fatta di drammi, soprusi e desolazione, esse erano accomunate dal praticare, al bisogno, il mestiere più antico del mondo. A volte per procurarsi un alloggio dove dormire, altre volte per pagarsi un bicchiere di gin in più; spesso per entrambe le cose.

Mappa di Whitechapel con l’indicazione del luogo di rinvenimento delle prime sei vittime

La folle sequela di omicidi iniziò ufficialmente il 31 agosto con l’assassinio di Mary Ann Nichols, anche se, tre settimane prima, il ritovamento del corpo di Martha Tabram, prostituta di 39 anni, in George Yard potrebbe essere stato opera dello stesso omicida.
Il corpo di Mary Ann, come quello della Tabram, presentava un netto e profondo taglio alla gola e, a differenza di quest’ultima era stato orribilmente squarciato tanto da provocarne l’uscita degli intestini. È solo l’inizio di un crescendo di violenza e furia omicida, che porterà l’assassino a praticare orrende mutilazioni sulle sue vittime che ben gli valsero l’appellativo di “squartatore”.

Foto mortuaria di Mary Ann Nichols

La seconda vittima accertata si chiamava Annie Chapman e venne ritrovata l’8 settembre presso Hanbury Street. La polizia ritrovò un grembiule di cuoio nella scena del crimine, di quelli che all’epoca erano utilizzati dai barbieri, e subito i sospetti ricaddero su un tale di nome John Pizer, un ebreo che nelle vicinanze aveva un laboratorio per la lavorazione del pellame. Dopo l’euforia iniziale, non ci volle molto per capire che John fosse del tutto estraneo agli eventi e venne presto scagionato.
Poche settimane dopo, la Central News Agency ricevette la lettera di cui è riportato un estratto a inizio articolo. Jack era ormai diventato una celebrità, tanto da eclissare la fama del suo omonimo Jack il Saltatore. Passò un giorno e, come promesso, il killer tornò a colpire. La notte tra il 29 e il 30 settembre ben due donne soccombettero sotto la lama affilata del suo coltello: Elizabeth Stride e Catherine Eddowes. È possibile che il doppio omicidio sia dovuto al fatto che l’assassino fosse stato disturbato mentre “operava” sulla Stride. La vittima infatti riportò solo il canonico profondo taglio alla gola. Quando poco più tardi Jack incontrò la Eddowes, nella piccola Mitre Square, si accanì su di essa con una ferocia inaudita.
L’ultima vittima canonica fu Mary Jane Kelly. Il corpo fu scoperto la mattina del 9 novembre 1888, nella sua stanza nei pressi dello Spitrafields Market. La donna era stesa sul suo letto, irriconoscibile. Di lei lo squartatore non aveva lasciato neanche il viso.

Un killer, migliaia di identità

 

Scotland Yard brancolava nel buio. Lo squartatore non era un assassino come gli altri, era un serial-killer, una creatura nuova nel campo delle investigazioni, un omicida dalle ragioni sconclusionate e per questo imprevedibile. Vennero dati molti volti al probabile omicida ma ben presto ogni pista risultava un vicolo cieco, mentre Jack si confondeva e veniva sempre più risucchiato nella melma dei bassifondi dell’East End, fino a scomparire.
Ancora oggi c’è chi tenta di dare un nome e un volto al personaggio che si cela sotto lo pseudonimo di Jack lo Squartatore col risultato di allungare ancora di più la lista dei sospettati.
Così tra le probabili identità dell’assassino spiccano figure umili e prevedibili, quali macellai o barbieri, accanto a gentiluomini impeccabili di giorno e pronti a diventare mostri di notte. Non ci si è lasciata scappare neanche l’ipotesi cospirazionistica, o quella secondo cui lo Squartatore fosse un esoterista o un massone e che le mutilazioni che praticava sulle sue vittime fossero a scopo rituale. Non mancano tra i sospettati personaggi famosi, quali lo scrittore Lewis Carrol e il pittore Walter Sickert.
Nel 2014 campioni di dna mitocondriale sono stati analizzati da una sciarpa appartenente a Catherine Eddowes, la quarta vittima dello squartatore, comparandoli con quelli dei principali sospettati. Le analisi sembrano incastrare Aaron Kosminsky, un barbiere ebreo di origni polacche, noto anche alla polizia dell’epoca per le sue turbe psicotiche e il suo odio ossessivo verso le donne. Kosminsky verrà internato in manicomio nel 1891 e da lì praticamente non ne uscirà più fino alla sua morte nel 1919. Il 1891 è anche l’anno dell’ultima vittima non canonica, Francecs Coles.
Caso chiuso, quindi? Non proprio. Subito dopo l’uscita dei risultati, un nuovo studio ha rilevato degli errori sull’analisi del dna mitocondriale rinvenuto sulla sciarpa.

L’identità di Jack lo squartatore continua ad essere un mistero e forse si deve proprio a questo la sua fama: sotto il suo tabarro nero ognuno di noi può scorgervi il personaggio che più lo spaventa e che più lo affascina.

 

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